Giove e Mercurio si rivelano a Filemone e Bauci

by admin fsg

GIUSEPPE SANTI
(Bologna 1761 – Ferrara 1825)

Giove e Mercurio si rivelano a Filemone e Bauci

Olio su tela
170 x 164 cm

L’elaborata composizione di questa tela narra di un episodio contenuto nel libro VIII delle Metamorfosi di Ovidio: Giove e Mercurio, decisi a saggiare lo spirito altruista degli uomini, discesero sulla terra, in un paese della Frigia, sotto forma di umili pellegrini in viaggio, chiedendo ospitalità e qualcosa da mangiare. Dopo che le loro richieste furono respinte dalle ricche dimore di quel posto, essi trovarono finalmente accoglienza nella povera baracca in legno di due anziani coniugi, Filemone e Bauci che non solo ospitarono i due viaggiatori ma divisero con loro il proprio umile cibo. Mossi da questa sincera generosità, i due dei dell’Olimpo rivelarono alla coppia la loro vera natura e li condussero su un’altura che dominava la città. Da qui Giove, irato per la mancanza d’umanità di quella gente, gettò terribili flagelli sulla città che distrussero le ricche dimore e ne uccisero gli abitanti. Dal disastro si preservò solamente la piccola e pericolante capanna dei due anziani, che subito dopo si tramutò in un ricco e grande tempio di cui Filemone e Bauci divennero i sacerdoti custodi per il resto della loro esistenza che, per volere di Giove, memore della loro gentilezza, si concluse per entrambi nel medesimo istante cosicché l’uno non potesse soffrire della perdita dell’altra. In questa tela è raccontato il momento in cui Giove e Mercurio si rivelano come dei dell’Olimpo ai due anziani coniugi, mentre stanno consumando il semplice banchetto. Donatella Biagi Maino ha individuato come autore dell’opera il bolognese Giuseppe Santi. Formatosi nella propria città natale, all’Accademia Clementina dove conobbe Ubaldo Gandolfi, presso cui si mise a bottega, il Santi seppe interpretare e fare sua la lunga tradizione classicista della Scuola bolognese inaugurata dall’Accademia degli Incamminati dei Carracci, senza però ignorare lo stile neoclassico che trovava nel francese Jacques-Louis David uno dei maggiori interpreti. Proprio agli esempi di virtù classica del catalogo “davidiano” rimanda questa rappresentazione mitologica che celebra il maestro francese anche nella realizza- zione degli edifici classicheggianti che emergono sullo sfondo; ciò nonostante, la composizione dei personaggi, più compatta rispetto allo stile di David, non solo si dimostra un’efficace escamotage narrativo, ma rivela anche una consapevolezza maggiore da parte del Santi di adeguarsi alle esigenze dei committenti dell’epoca.